La legislazione ha progressivamente accordato tutela a tutte le forme di assistenza, integrazione sociale, e “sollievo” riservate, negli ultimi trent’anni, alle categorie maggiormente svantaggiate, un cui rappresentante faccia parte della propria cerchia parentale, amicale o professionale.
Tuttavia si registra appunto come fondato il portato popolare secondo cui “la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni” sol che si pensi alla numerosità di abusi che divengono oggetto di indagine da parte delle agenzie investigative cui viene rimessa la relativa cognizione, anche per il rilievo giuridicamente rilevante e che può portare al licenziamento del “samaritano disonesto”.
Il nostro ordinamento ha previsto una particolare tipologia di permessi relativi alla Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (legge 104/1992 così come modificata dalla legge 53/2000, legge 183/2010 e dal d.lgs. 119/2011).
Per poter provare il reale utilizzo illecito dei permessi, il datore di lavoro, come affermano la disposizione dell'art. 5 della legge 20 maggio 1970 n. 300 e varie sentenze della Corte di Cassazione (Cass. n. 13789/2011; n. 3590/2011; n. 19053/2005; n. 10313/1998) ha la facoltà, al di fuori degli orari di servizio e di quelli in cui è in vigore il controllo fiscale relativo alla malattia, di avvalersi di agenzie investigative con apposita licenza rilasciata dalla prefettura, per acquisire tutte quelle informazioni e prove utili a confermare l’abuso.
Il controllo dell’azienda nei confronti del dipendente che stia usufruendo dei giorni di permesso della legge 104, infatti, non violerebbe né la privacy, né lo Statuto dei lavoratori.
Non si tratta infatti di un controllo su un mero inadempimento della prestazione lavorativa (tale funzione viene assolta da particolari figure ispettive), ma di condotte che, incidendo sul patrimonio aziendale, rendono lecito l’intervento dell’investigatore privato, legittimando il datore di lavoro al controllo del dipendente.
Inquadramento normativo ed applicazioni giurisprudenziali:
La legge 5 febbraio 1992 n. 104 intitolata “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, che si snoda in 44 articoli, ha previsto una serie di benefici di tipo normativo ed economico ad una serie di portatori di disabilità (visivi, uditivi, visivi ed uditivi, autistici, sindrome di Down, mutilati, motori) secondo quanto statuisce l’articolo 3, che recita sotto la rubrica “Soggetti aventi diritto”, quanto segue:
1. É persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.
In questo articolo verranno esaminate le norme che presiedono alle necessità investigative legale alla verifica del corretto utilizzo dei permessi previsti secondo quanto statuisce il combinato disposto dell’articolo 33 della citata legge, D. lgs. 151/2001 artt. 33 e 42, come modificati dalla legge 183/2010 e dal D. lgs. 119/2011.
I permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti:
· disabili in situazione di gravità;
· genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità;
· coniuge, parte dell’unione civile, convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016), parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge o la parte dell’unione civile o il convivente di fatto (art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016) della persona con disabilità grave abbiano compiuto i 65 i di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010).
Affinché il datore di lavoro che concede i permessi al proprio dipendente sia sicuro che il proprio dipendente li stia utilizzando per prestare sostegno al parente portare di handicap, può avviare alcuni controlli, atti ad accertare la fruizione legittima dei permessi 104 ed ove ravvisato un utilizzo improprio dei permessi (e quindi un abuso delle agevolazioni previste), può adottare determinate sanzioni.
La Corte di Cassazione (ordinanza n. 4670 del 18.02.2019), ha affermato che i lavoratori dipendenti che prestano assistenza al familiare disabile possono essere oggetto di investigazioni e controlli durante la fruizione dei permessi riconosciuti dall’art. 33 della legge 104.
E precisamente “i controlli, demandati dal datore di lavoro ad agenzie investigative, riguardanti l'attività lavorativa del prestatore svolta anche al di fuori dei locali aziendali, non sono preclusi ai sensi degli artt. 2 e 3 st. lav., laddove non riguardino l'adempimento della prestazione lavorativa, ma siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo (v. Cass. 12 settembre 2018, n. 22196; Cass. 11 giugno 2018, n. 15094; Cass. 22 maggio 2017, n. 12810); è stato precisato che le dette agenzie per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria, riservata, dall'art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, restando giustificato l'intervento in questione non solo per l'avvenuta perpetrazione di illeciti e l'esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (v. Cass. 14 febbraio 2011, n. 3590; Cass. 20 gennaio 2015, n. 848).
L’abuso dei permessi 104 è quindi severamente punito, anche considerando il venir meno dell’assistenza al familiare disabile per il quale era sorto il diritto a beneficiarne.
In caso di abuso reiterato dei permessi Cass. 09.07.2019 n. 18.411, ha stabilito che nei casi più gravi è possibile procedere al licenziamento per giusta causa per disvalore sociale ed etico della condotta e la compromissione irrimediabile del vincolo fiduciario.
E precisamente ha statuito che“poteva ritenersi raggiunta la prova dell'abuso di due permessi L. n. 104 del 1992, ex articolo 33, comma 3, risultando - dalla relazione dell'agenzia investigativa (incaricata dal datore di lavoro), confermata in sede di prova testimoniale - che il (OMISSIS) nelle giornate del 5 e 8 settembre 2015 non era mai entrato o uscito dalla propria abitazione nell'arco orario compreso tra le 6.30 e le 21 e, dunque, non si era recato presso la (diversa) residenza della zia per fornire assistenza, circostanza che valutata unitamente alle dichiarazioni rilasciate dal lavoratore in sede di giustificazioni rese L. n. 300 del 1970, ex articolo 7 (che facevano riferimento alla prestazione di una "regolare assistenza alla zia come era abitudine, ad eccezione di alcune ore della giornata") e alla prova ulteriore del mancato avvistamento, da parte degli investigatori, presso l'abitazione della zia nelle suddette giornate, giustificava il provvedimento espulsivo per il disvalore sociale ed etico della condotta e la compromissione irrimediabile del vincolo fiduciario”
Alcuni riferimenti statistici:
Si richiama, fra i molti, l’articolo di stampa pubblicato il 5 aprile 2018 sul Corriere della Sera da Gian Antonio Stella (coautore con Sergio Rizzo del best seller letterario “La Casta” che ha superato le 1.400.000 ci copie vendute per 24 edizioni) che, fra le diverse notizie sul tema, ha segnalato che “solo in Sicilia, Nello Musumeci ha denunciato la presenza di 2.350 «centoquattristi» su 13 mila dipendenti (uno su cinque) e perfino il caso di un imbroglione che ha preso in carico un vicino di casa. .. (..) .. a livello nazionale dal 2012 al 2016 i «fruitori per familiari» della 104 sono passati tra i dipendenti privati da 279.242 a 363.430. Un aumento del 30%. In cinque anni.
A fine 2015, dice il rapporto INPS, i beneficiari «con almeno un permesso» di tutti quelli retribuiti con la legge 104 e il successivo decreto legislativo 151/2001 («prevede la possibilità per genitori o, in loro assenza, per fratelli e sorelle di genitori di persone con handicap gravi di usufruire di due anni di congedo retribuito» esteso poi «in casi particolari anche ai parenti e affini fino al terzo grado) sono stati circa 450 mila.
Con un costo di circa 1,3 miliardi di euro.
Più ardui stimare il fenomeno tra i dipendenti pubblici, in quanto l’INPS non lo sa.
I numeri, gestiti direttamente dallo Stato e dalle varie amministrazioni pubbliche, sfuggono al controllo dell’Istituto che, costretto a ricorrere a valutazioni affidate a centri studi di spicco, non sono troppo «scientifiche». Su 3.305.313 dipendenti «si può stimare che i permessi retribuiti per assistere le persone in disabilità grave siano fruiti da circa 440 mila soggetti».
Risultato: «Stimiamo che il numero medio procapite annuo di giorni di permesso (...) fruiti nel settore pubblico sia quattro volte superiore a quello fruito nel settore privato: fino a 6 giorni nel pubblico contro 1,5 nel privato».
Con «un costo ombra stimabile in oltre un miliardo di euro ai quali si aggiungono altri 600 milioni circa» coi congedi «straordinari usufruiti sulla base del D.Lgs 151/2001».
Totale: oltre tre miliardi. Destinati a crescere.
Discende, molto spesso, l’obbligo di denuncia e perseguimento dei reati, ravvisabili in caso di positivi riscontri dell’attività di indagine, e ciò nei confronti di qualunque soggetto ne sia autore, protagonista o, comunque coinvolto.
Si prospetta la necessità che investigazioni ed indagini vengano esperite con la massima flessibilità e con il ricorso alla più ampia gamma di strategie investigative: si va dalla sorveglianza fisica (osservazione, controllo, pedinamento) od elettronica, attraverso le opportune strumentazioni quotidianamente ed innovativamente offerte dallo sviluppo tecnologico alla profilatura personale e psicologica dei soggetti coinvolti, alle attività di indagine su fonti aperte (le c.d. OSINT, Open Source INTellegence).