Il risarcimento del danno
Oneri probatori
Modalità di risarcimento del danno
Il danno patrimoniale
Il danno non patrimoniale
Il risarcimento del danno non patrimoniale
È consolidato il convincimento giurisprudenziale che la condotta dell'intermediario che effettui una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi Banca Italia configuri la sua responsabilità contrattuale (la raccolta e trasmissione dei dati deriva da un rapporto contrattuale) ed extra contrattuale, sia a seguito della violazione dei canoni di correttezza e buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio secondo le norme generali:
- ex artt. 1715, 1374, 1375 c.c. (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 28056/2008; conf. Cass. Civ. n. 23033/2011; Cass. Civ. n. 22819/2010; Cass. Civ. n. 1618/2009; Cass. Civ. n. 13345/2006),
- ex art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito) (ex multis Cass. Civ. n. 13345/2006; Trib. Ascoli Piceno 13.9.2016; Trib. Verona 12.11.2015 e 27.4.2014; Trib. Milano 19.2.2001; Trib. Napoli 19.1.1998).
Di regola, è ritenuto ammissibile il concorso cumulativo di una azione di responsabilità contrattuale con una di responsabilità extracontrattuale, atteso che le due azioni nascono da presupposti diversi.
- La prima deriva, come detto, dall’inadempimento di espressi obblighi contrattuali (buona fede, correttezza, solidarietà contrattuale, cfr. Trib. Milano 23.9.2009),
- l’altra sorge direttamente dalla violazione di diritti specifici del soggetto leso (diritti della personalità) (Cass. Civ. n. 5638/1983; Cass. Civ. n. 11410/2008).
Il risarcimento del danno
Il soggetto che assume l’illegittimità della segnalazione "a sofferenza" del proprio nominativo alla Centrale dei rischi deve fornire la prova di avere subìto, in conseguenza di ciò, un concreto pregiudizio (patrimoniale o no):
- ex multis: Cass. Civ. n. 8421/2011; Cass. Civ. n. 6199/2004; Cass. Civ. n. 4881/2004; Cass. Civ. n. 4366/2003; Cass. Civ. n. 2679/1997; Trib. Torino 20.5.2015; Trib. Perugia 6.3.2014; App. Milano 8.6.1999; Trib. Bologna 25.5.2005);
Non sono, infatti, ricevibili richieste di risarcimento generiche.
Il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive, ma in relazione all’effettivo pregiudizio subìto dal titolare del diritto leso (anche se da dimostrare):
- in arg. Cass. Civ., Sez. Unite, n. 15350/2015, Cass. Civ., Sez. Unite, n. 26972/2008; Cass. Civ. nn. 1931/2017, 23206/2015, 16133/2014, 1781/2012 e 1183/2007; v. anche ABF Roma n. 1027/2013; ABF Roma n. 28.1.2015; Collegio coordinamento ABF n. 3500/2012).
Per completezza di informazione occorre segnalare che anche la fattispecie dei "danni punitivi" è stata in tempi recenti valorizzata dalle Sezioni Unite, secondo cui «nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subìto la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile»
- Cass. Civ., Sez. Unite, n. 16601/2017; Cass. Civ. n. 15209/2018.
Oneri probatori
Ai fini della dimostrazione del concreto pregiudizio subìto non può essere invocata la tesi del danno in re ipsa, poiché «snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo» (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 26972/2008 oltre la giurisprudenza di seguito citata).
Anche l'ABF, L'Arbitro Bancario Finanziario, intervenendo sul tema del risarcimento del danno, ha confermato che non discende automaticamente dall’illegittimità della segnalazione (danno in re ipsa).
Spetta infatti al ricorrente provare gli elementi costitutivi del pregiudizio subito poiché, nel vigente ordinamento, il risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non ha finalità punitive, ma di ristoro dell’effettivo pregiudizio causato al titolare del diritto.
I Collegi hanno chiarito che la scorrettezza della condotta dell’intermediario può fondare un credito risarcitorio solo quando l’attribuzione al danneggiato di una somma di denaro sia diretta a eliminare le conseguenze del danno subito (ABF n. 3740/2017; ABF n. 15212/2017; ABF n. 9968/2017).
Modalità di risarcimento del danno
La liquidazione equitativa del danno, criterio abitualmente utilizzato nei casi di illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, può aver luogo soltanto se il danno è provato nell'an, e comunque la possibilità della liquidazione equitativa non esime il danneggiato dall'offrire al giudice gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, nell'ipotesi in cui il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare ai sensi dell'articolo 1226 c.c., La Cassazione ha ormai definitivamente chiarito che la facoltà per il giudice di liquidare in via equitativa il danno esige due presupposti.
In primo luogo, che sia concretamente accertata l’ontologica esistenza d’un danno risarcibile, prova il cui onere ricade sul danneggiato;
- in secondo luogo, il ricorso alla liquidazione equitativa esige che il giudice di merito abbia previamente accertato che l’impossibilità (o l’estrema difficoltà) d’una stima esatta del danno dipenda da fattori oggettivi, e non già dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegare e dimostrare gli elementi dai quali desumere l’entità del danno (ex multis Cass. Civ. n. 4534/2017; Cass. Civ. n. 1931/2017; Cass. Civ. n. 127/2016).
Riguardo alle conseguenze di una illegittima segnalazione (abitualmente "a sofferenza") alla Centrale dei rischi, occorre distinguere tra danno patrimoniale (danno emergente/perdita subita: es. smobilizzazione di investimenti a causa della illegittima segnalazione ovvero lucro cessante/mancato guadagno: es. perdita di opportunità imprenditoriali a causa della conseguente interruzione del credito) e danno non patrimoniale (reputazionale).
Il danno patrimoniale
Nel danno patrimoniale è lamentata la lesione di un diritto soggettivo riveniente dalla illegittima segnalazione: ad es., impossibilità di accedere a delle nuove linee di credito - pregiudizio talora ricondotto nell'alveo dell'art. art. 41 Cost. (diritto di iniziativa economica privata) - e/o revoca delle concessioni dei crediti esistenti.
Nel momento in cui si ritiene sussistere una responsabilità della banca, il soggetto erroneamente segnalato alla Centrale dei rischi dovrà dimostrare il nesso di causalità tra la segnalazione illegittima addebitabile alla banca e il concreto danno conseguente nonché fornire indicazioni riguardo all’entità dei danni patrimoniali subiti (hanno liquidato il danno patrimoniale Trib. Bari 24.1.2008; Trib. Mantova 9.3.2017; ABF n. 217/2013).
In sostanza, spetta al danneggiato l’onere di fornire la prova del concreto pregiudizio economico subìto, ai fini della successiva liquidazione (Cass. Civ. n. 7211/2009); in mancanza della prova circa l’esistenza del pregiudizio, non è stato ritenuto possibile neppure procedere alla liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c. (Cass. Civ. n. 127/2016; Cass. Civ. n. 1931/2017).
Il potere di liquidazione equitativa, infatti, è stato considerato esercitabile solo quando, fornita dal cliente la prova della ricorrenza del pregiudizio, residui un’oggettiva difficoltà o impossibilità di quantificarlo nel suo preciso ammontare (Cass. Civ. n. 12626/2010).
Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell'obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi solo i mancati guadagni meramente ipotetici perchè dipendenti da condizioni incerte, sicchè la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l'entità del danno subito (Cass. Civ. n. 5613/2018; Cass. Civ. n. 24632/2015; Cass. Civ. n. 11254/2011; Cass. Civ. n. 27149/2006; Cass. Civ. n. 7647/1994).
Trova applicazione la regola causale "di funzione", cioè probatoria, del "più probabile che non", dovendosi ritenere accertato, con elevato grado di probabilità, che il risultato diverso e migliore si sarebbe verificato "più probabilmente che non" (cfr. Cass. Civ. n. 21255/2013).
Il danno non patrimoniale
Il danno non patrimoniale (per tutti Cass. Civ., Sez. Unite, n. 26972/2008 e Cass. Civ., Sez. Unite, n. 15350/2015) riguarda, invece, il danno all’immagine, alla reputazione (commerciale e personale) e all’onorabilità che abitualmente deriva da una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi.
Come noto, dall'appostazione "a sofferenza" deriva sempre un danno reputazionale al soggetto segnalato, risarcibile se ingiusto, ossia riveniente da una illegittima segnalazione.
Di recente, la Cassazione (Cass. Civ. n. 7513/2018) ha individuato una serie di principi guida in materia di danno non patrimoniale, sintetizzabili (per quanto di interesse) come segue:
a) l'ordinamento prevede e disciplina soltanto due categorie di danni: quello patrimoniale e quello non patrimoniale;
b) il danno non patrimoniale (come quello patrimoniale) costituisce una categoria giuridicamente (anche se non fenomenologicamente) unitaria;
c) "categoria unitaria" vuol dire che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole e ad i medesimi criteri risarcitori (artt. 1223, 1226, 2056, 2059 c.c.).
d) nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve, da un lato, prendere in esame tutte le conseguenze dannose dell'illecito; e dall'altro evitare di attribuire nomi diversi a pregiudizi identici;
e) in sede istruttoria, il giudice deve procedere ad un articolato e approfondito accertamento, in concreto e non in astratto, dell'effettiva sussistenza dei pregiudizi affermati (o negati) dalle parti, all'uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, opportunamente accertando in special modo se, come e quanto sia mutata la condizione della vittima rispetto alla vita condotta prima del fatto illecito; utilizzando anche, ma senza rifugiarvisi aprioristicamente, il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, e senza procedere ad alcun automatismo risarcitorio;
f) il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso.
Nell'uno come nell'altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria.
Il risarcimento del danno non patrimoniale
In caso di illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, il soggetto segnalato potrà ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subìtoovedimostri che la segnalazione ha leso un suo interesse giuridicamente rilevante (onore, reputazione personale e commerciale) - di rango primario e costituzionalmente protetto (art. 2 Cost.) - ravvisabile nella diminuita considerazione sociale che normalmente consegue dall'appostazione "a sofferenza".
Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile - sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. - anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:
a) che l'interesse leso - e non il pregiudizio sofferto - abbia rilevanza costituzionale, altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell'art. 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile;
b) che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità, poiché il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza;
c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità (Cass. Civ. n. 26996/2018).
Ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale, è stato fatto ricorso, in alcuni casi, alla c.d. prova presuntiva, sul presupposto che ogni qual volta la notizia dell'inadempimento risulti presente nella Centrale dei rischi per un tempo sufficiente a consentirne la percepibilità da parte di coloro che vi hanno accesso, può ritenersi verificata la presunzione di un danno non patrimoniale in capo al soggetto segnalato (Cass. Civ. n. 7661/2015:
- è ammessa la prova per presunzioni dell’esistenza del danno, purché le allegazioni siano state adeguate e complete, perché, in difetto, il ricorso a presunzioni darebbe in concreto vita un automatismo fra illegittimità del protesto e sussistenza del danno che, appunto per la natura di danno-conseguenza, deve essere ripudiato; in ipotesi di diffamazione a mezzo stampa cfr. Cass. Civ. n. 25420/2017; Cass. Civ. n. 12225/2015; Cass. Civ. n. 16543/2012: la prova del danno alla reputazione può essere data con ricorso al notorio e tramite presunzioni, assumendosi.
A tal fine, come specifici parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della persona colpita, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto sociale e professionale).
Talvolta è stata affermata l’esistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa, senza che dunque incomba sul danneggiato l’onere di fornirne la prova,
Cass. Civ. n. 12626/2010: la lesione dell'immagine sociale e professionale di per sé costituisce un danno reale che deve essere risarcito - senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sua esistenza - sia a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento che di responsabilità extracontrattuale, in modo satisfattivo ed equitativo se la peculiare figura del danno lo richiede;
Cass. Civ. n. 6507/2001: ove il fatto illegittimo abbia dato luogo ad una lesione della reputazione personale (intesa come reputazione che il soggetto gode come persona umana, tra gli altri consociati; altrimenti detta, più propriamente onore e prestigio), la quale va valutata "in abstracto", cioè con riferimento al contenuto della reputazione quale si è formata nella comune coscienza sociale di un determinato momento; una volta provata detta lesione, il danno è in re ipsa, in quanto si realizza una perdita di tipo analogo a quella indicata dall'art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o dalla privazione di un valore (per quanto non patrimoniale) della persona umana alla quale il risarcimento deve essere commisurato;
Cass. Civ. n. 4881/2001: la lesione della reputazione personale provoca una riduzione di valore della persona umana costituente un danno in re ipsa risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c.
Secondo un altro indirizzo, infine, la risarcibilità del danno non patrimoniale è subordinata all’assolvimento dell’onere della prova da parte del soggetto illegittimamente segnalato, precisandosi che la lesione deve assumere il carattere della gravità: "l danno non patrimoniale è risarcibile solo nelle ipotesi previste dalla legge nonché in caso di lesione di un interesse di rilevanza costituzionale, laddove la lesione sia grave e il danno non sia futile"
Cass. Civ., Sez. Unite, n. 26972/2008: il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio.
Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile.
Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico).
L'orientamento di gran lunga prevalente della giurisprudenza di legittimità e di merito esclude che l’esistenza del danno non patrimoniale possa essere desunta automaticamente secondo la dinamica del danno in re ipsa, dovendo invece essere dimostrato - anche per presunzioni - lo specifico pregiudizio subito, ossia la lesione alla reputazione personale e commerciale
Cass. Civ. n. 10904/2017; Cass. Civ. n. 25420/2017: in tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, il danno all'onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è "in re ipsa", identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova;
Cass. Civ. n. 1931/2017; Cass. Civ. n. 23206/2016; Cass. Civ., Sez. Unite, n. 15350/2015; Cass. Civ. n. 4443/2015: il pregiudizio non patrimoniale non può mai essere in re ipsa ma deve essere allegato e provato da parte dell’attore, a pena di uno snaturamento delle funzioni della responsabilità civile;
Cass. Civ. n. 15240/2014; Cass. Civ. n. 16133/2014; Cass. Civ., Sez. Unite, n. 3677/2009): ove sussista e sia risarcibile, il danno non patrimoniale da segnalazione illegittima potrà essere liquidato in via equitativa (per tutti Cass. Civ., Sez. Unite, n. 26972/2008), secondo quanto previsto dall’art. 1226 c.c., tenendo in adeguata considerazione: la gravità della colpa dell’intermediario; l’intensità della lesione alla reputazione di “buon pagatore” subita dal soggetto segnalato; la natura imprenditoriale dell’attività svolta dal soggetto illegittimamente segnalato; il periodo di tempo durante il quale l’erronea segnalazione è stata mantenuta
(tra le tante, Trib. Firenze 10.4.2014; Trib. Modena 20.3.2012; ABF Napoli 6564/2016; ABF Roma 217/2013; ABF Napoli n. 1773/2013; ABF Napoli n. 5609/2013; ABF Roma n. 217/2013; ABF Napoli n. 5609/2013).
(L’articolo è stato pubblicato sul portale Quotidiano Giuridico di Wolters Kluwer il 12 febbraio 2019 dall’avv. Fiorucci Fabio)