Il termine insider trading, divenuto ormai di senso comune, indica quelle fattispecie di reato, sanzionato da gran parte dei paesi del mondo, che nel nostro ordinamento trova la sua previsione normativa in alcune particolari leggi.
La genesi storica di tale disciplina vede il suo sorgere nel dettato dell’articolo 501 del Codice penale Rocco (del 1942) che, sotto la rubrica “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”, comminava reclusione e multa per il caso in cui alcuno “al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o, altrimenti, divulga notizie false, esagerate o tendenziose, o adopera artifizi atti a cagionare un aumento od una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa, o negoziabili in un pubblico mercato”.
Tale previsione normativa è stata più volte ritoccata e definita, con l’attuale formulazione dell’art. 2637 del Codice civile.
Con queste operazioni di aggiotaggio è stato possibile, nel passato, trarre grandi profitti illeciti e, tenuto conto della possibilità di coinvolgimento diretto dell’intero patrimonio aziendale e dei suoi protagonisti, è fondamentale per un’azienda difendersi da tali comportamenti illegali, investigando al fine di prevenirli.
Si prospetta la necessità che investigazioni ed indagini vengano esperite con la massima flessibilità e con il ricorso alla più ampia gamma di strategie investigative che spaziano su ambiti territoriale spesso sovrannazionali.
Si pensi alle attività ricerca ed investigazione per monitorare, classificare e reprimere le attività illecite, soprattutto se perpetrati in ambiti economici opachi (o, addirittura, appartenenti a “black list”.
Parimenti l’attività investigativa si svolge parallelamente anche a livello locale con le più semplici forme di sorveglianza fisica (osservazione, controllo, pedinamento) od elettronica quando si tratti di indagare, per esempio, attività quali quelle che hanno formato oggetto della trama del citato film “Wall Street”.