Con tale termine, utilizzato nel Cinquecento e nel Seicento, si indicava chi si credeva diffondesse volontariamente il morbo della peste, spalmando in luoghi pubblici appositi unguenti venefici.
Le credenze sugli untori ebbero particolare diffusione durante la peste del 1630, immortalata da Manzoni nel romanzo “I promessi sposi”.
Le cronache giudiziarie hanno riportato alcuni casi di contagio con il virus dell’HIV procurato da “untori del duemila”: soggetti, cioè, siero-positivi, che hanno trasmesso il virus nascondendo la propria condizione ai rispettivi partners.
All’investigatore privato può essere richiesto di svolgere attività investigativa sulle frequentazioni del soggetto che si sospetti essere l’untore, le quali potrebbero essere corroborate da eventuali accertamenti di laboratorio.