La globalizzazione del mercato ha introdotto la possibilità di sfruttamento planetario di opere d’ingegno (brevetti) nonché espressioni artistiche proprie di letteratura, musica, arti figurative e cinematografiche.
Esistono opere che, grazie alle traduzioni in decine di lingue, consentono sfruttamenti “autoriali” con numeri veramente imponenti e con conseguenti rilevanti interessi economici.
Tale ambito ha avuto un notevolissimo incremento grazie all’avvento di internet, che ha registrato la creazione di piattaforme (fra le molteplici, Netflix e Spotify) che hanno portato la massa dell’entertainment, negli ambiti del cinema e della musica, a sfiorare i 10 miliardi di dollari di giro d’affari annuo.
Con tale indagine si dirige l’attenzione dell’investigazione alla esatta quantificazione dei compensi ai quali ha diritto il proprietario di un bene, il creatore o l’autore di un’opera di ingegno, il titolare di un brevetto o di un copyright.
Esistono aziende in cui gli unici introiti sono i corrispettivi per la concessione di utilizzazione commerciale.
E, conseguentemente, l’attività di “royalty auditing” riveste una centralità assoluta, avendo come obbiettivo principale la verifica sulla veridicità e correttezza del fatturato dichiarato al licenziatario, nonché il controllo su modalità e termini di puntuale adempimento dei pagamenti e delle clausole contrattuali connesse.
Inquadramento degli istituti della licenza e delle royalties (e problematiche connesse)
Brevetti, marchi, disegni industriali, beni intellettuali costituiscono assets imprescindibili nella vita di una azienda e svolgono un ruolo primario relativamente ai fattori competitivi legati alla qualità e all'innovazione, oltre ad aumentarne la capacità di scambio economico, commerciale e finanziario.
Con il contratto di licenza di brevetto, il licenziante si limita a concedere al licenziatario il solo diritto, opportunamente delimitato, per lo sfruttamento economico, limitato nel tempo, del brevetto, conservandone la titolarità.
Il licenziante rimane titolare del diritto, ricevendone un corrispettivo a titolo di licenza, con facoltà di sfruttarlo in concomitanza con il licenziatario e continuando a provvedere al mantenimento ed alla protezione.
In tale contesto, il termine “royalty” indica una somma di denaro che il licenziatario deve versare, nei termini del contratto stipulato, al titolare della proprietà intellettuale, per l’utilizzo di un asset immateriale, come ad esempio un marchio o un brevetto, a fini commerciali e di lucro.
In questo modo, il proprietario del bene immateriale può concedere anche ad una pluralità di licenziatari la possibilità di sfruttare economicamente un marchio o brevetto, contro il pagamento di una royalty e nel rispetto di condizioni prestabilite nel contratto di licenza.
Il titolare del bene immateriale che abbia sottoscritto un “license agreement”, potrebbero imbattersi in truffe o sottrazioni di proprietà intellettuale in danno da parte dei licenziatari, che potrebbero procedere all’utilizzazione del bene immateriale per scopi illeciti o non conformi alle condizioni contrattuali.
Alcuni riferimenti statistici
Il sito della S.I.A.E. (Società Italiana degli Autori ed Editori), l’ente pubblico a base associativa, istituzionalmente preposto alla protezione e all'esercizio dell'intermediazione del diritto d'autore in Italia, in forma di società di gestione collettiva senza scopo di lucro che svolge anche funzioni connesse con la protezione delle opere dell'ingegno e che può assumere, per conto dello Stato, di enti pubblici o privati, servizio di accertamento e riscossione di tasse, contributi e altri diritti offre i seguenti riferimenti numerici:
- 91.000 autori ed editori iscritti.
- 559.000.000 € di compensi di diritto d'autore nel 2017.
- otto repertori tutelati (musica, cinema, teatro, lirica, balletto, opere radiotelevisive, arti figurative e Letteratura).
- oltre 62.000.000 di opere tutelate da SIAE.
Il «Cisac Global Collections Report», resoconto della federazione mondiale delle società di collecting ha reso noto che nel settore del diritto d’autore nell’epoca dell’entertainment "liquido" la raccolta globale nel 2018 sia cresciuta fino alla cifra record di 9,65 miliardi di dollari.
Ne sono protagonisti Netflix e Spotify, piattaforme leader per cinema e musica, ma anche con i social network, Facebook in primis.
Ad esempio, il marchio concesso in licenza potrebbe essere utilizzato dal licenziatario per contraffare o realizzare prodotti “low cost” difformi rispetto agli standard qualitativi richiesti dal contraente.
Oppure potrebbero registrarsi casi di omesso rispetto di clausole economico-finanziarie, quali la mancata dichiarazione da parte del licenziatario al concedente dell’esatta quantificazione del fatturato, o l’illegittima applicazione di sconti o abbuoni sui prodotti commercializzati, finalizzato al versamento di un minore importo.
Altre problematiche potrebbero rinvenirsi nella destinazione d’uso, difforme rispetto a quella indicata nelle clausole contrattuali ovvero nell’utilizzazione di canali di vendita non autorizzati o nella commercializzazione di un certo prodotto in mercati non ricompresi nell’accordo.