Si tratta di atti commessi soprattutto nei confronti di persone più fragili, in particolare i bambini e gli adolescenti, le donne, le persone anziane o le persone affette da un disturbo psichico.
Questi ultimi sono più spesso vittime di maltrattamenti rispetto alla popolazione in generale.
Per contro, è importante sottolineare che le persone affette da un disturbo psichico, come per esempio una schizofrenia o un disturbo bipolare, non sono più pericolose di altre.
Si verte in tema di “violenza psicologica” quando è configurabile una fattispecie ricompresa nell’ambito di operatività dell’articolo 572 cp (maltrattamenti contro famigliari o parenti, novellato dalla legge 172/2012), dell’articolo 612 cp (minaccia) e dell’articolo 612bis cp (atti persecutori).
Tale fattispecie, spesso, non fa ricorso alla forza fisica e vede la sua manifestazione principale in parole o atti tesi alla manipolazione della volontà altrui.
Non infrequentemente, questa forma è associata o preceduta da declinazioni di violenza fisica, e vede la sua sanzione penale nel disposto dell’articolo 610, il quale sancisce che “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa, è punito con la reclusione fino a 4 anni”.
Alcuni riferimenti statistici:
Nel luglio 2018 ISTAT ha pubblicato il “Rapporto SDGs 2018. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia” che propone un aggiornamento e un ampliamento degli indicatori diffusi per il monitoraggio degli obiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, fra cui il goal 16 che impone di mettere in atto misure per ridurre la violenza, inclusa quella sessuale.
Può risultare interessante la segnalazione dei dati riportati dal sistema SDI che raccoglie informazioni sia sui delitti denunciati dai cittadini presso gli uffici competenti (Commissariati di Polizia, Stazioni dei Carabinieri ecc.), sia sui delitti che le Forze di Polizia accertano autonomamente.
Le informazioni riguardano, inoltre, anche le segnalazioni di persone denunciate e/o arrestate che le Forze di Polizia trasmettono all’Autorità giudiziaria e possono avere una funzione esclusivamente statistica.
È, infatti, necessaria una precisazione mutuata dall’intervento di Luigi Curatoli (Generale di Brigata dei Carabinieri, Direttore del personale Carabinieri in ambito dei servizi di cooperazione internazionale di polizia) che nel primo semestre 2012 ha pubblicato sul sito dell’Arma dei Carabinieri un intervento intitolato “Gli accessi illeciti al sistema d’indagine (SDI)” secondo cui “L’articolo 8 della legge 121/81 ha istituito, presso il Ministero dell’Interno, il Centro Elaborazione Dati, per la raccolta delle informazioni e dei dati inerenti all’attività, di cui agli artt. 6, lettera a), e 7 della stessa legge.
In particolare, i dati raccolti a mente di quest’ultima norma sono custoditi nel c.d. Sistema D’Indagine (SDI) e posti a disposizione delle Forze di Polizia.
Lo SDI, tuttavia, è un sistema chiuso, accessibile, cioè, solo da postazioni di lavoro certificate che consentono l’acquisizione delle informazioni in sede locale utilizzando una rete intranet, senza esporsi ad interazioni con la rete pubblica.
L’accesso alla Banca Dati, quindi, è possibile solo a persone debitamente autorizzate in sede locale dal proprio Funzionario/Ufficiale Responsabile e previa abilitazione di un apposito profilo, diversificato a seconda delle informazioni che il personale deve conoscere, in ragione delle mansioni da svolgere, avuto riguardo anche all’incarico ricoperto in seno alla propria Forza di Polizia.
Preliminarmente, si deve individuare il reato che commette l’appartenente alle Forze di Polizia che accede a SDI per prelevare dati da utilizzare per fini diversi da quelli stabiliti dalla legge.
L’articolo 12 della citata legge 121/81 punisce “il pubblico Ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni della presente legge”.
L’articolo 615 ter c.p. sanziona “chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo”.
La medesima norma prevede, altresì un’aggravante “se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio”.
Discende, molto spesso, l’obbligo di denuncia e perseguimento dei reati, ravvisabili in caso di positivi riscontri dell’attività di indagine, e ciò nei confronti di qualunque soggetto ne sia autore, protagonista o, comunque coinvolto.
Si prospetta la necessità che investigazioni ed indagini vengano esperite con la massima flessibilità e con il ricorso alla più ampia gamma di strategie investigative.
Sii va dalla sorveglianza fisica (osservazione, controllo, pedinamento) od elettronica, attraverso le opportune strumentazioni quotidianamente ed innovativamente offerte dallo sviluppo tecnologico quotidiano alla profilatura personale e psicologica dei soggetti coinvolti, alle attività di indagine su fonti aperte (le c.d. OSINT, Open Source INTellegence).