Grande rilievo mediatico viene offerto ai casi di maltrattamenti ed abusi sugli animali, che non solo sono oggetto di tutela da parte di benemerite forme associative, pubbliche e private, ma spesso diventano materia di veri e propri reportage, nei quali si evidenzia il senso percepito di ingiustizia per i comportamenti commessi nei confronti di chi non si può né ribellare né protestare, né tanto meno far valere il proprio diritto.
La legislazione, ma soprattutto, la sensibilità ha avuto la sua applicazione in questi ultimi anni, portando il legislatore, a partire dal 2004, a prevedere forme di tutela penale atte a combattere gli abusi di tal genere introducendo nuove fattispecie di reato che verranno partitamente trattate nella parte riservata all’inquadramento normativo.
Il reato di maltrattamento di animali, a seguito di un intervento legislativo richiesto dalla coscienza popolare sempre più esposta a casi di abbandono o violenza, prevede che “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni una lesione ad un’animale, ovvero lo sottoponga a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche” sia punito con la reclusione.
In questa tipologia di indagine il ruolo dell’investigatore privato si rivela cruciale in quanto in grado di provare simili odiose condotte, dietro richiesta di associazioni o privati che abbiano a cuore il perseguimento della tutela e della protezione di animali.
Alcuni riferimenti statistici:
“Nel 2017 sono stati aperti circa 26 fascicoli al giorno, uno ogni 55 minuti, con una persona indagata ogni 90 minuti per reati contro gli animali”.
È uno dei dati più eclatanti diffusi dalla Lega Antivivisezione (LAV) nel Rapporto Zoomafia “Crimini e Animali”, presentato nel luglio 2018.
Dal cigno obiettivo del tiro a segno da parte di un gruppo di ragazzotti, al gattino preso a calci come fosse un pallone.
Dai cani uccisi, alle volpi ed ai lupi appesi per il collo, fino al fenomeno del bracconaggio (spesso associato alla caccia) alle corse clandestine ed ai crudeli combattimenti tra animali, orchestrati da personaggi senza scrupoli e organizzati, spesso, in vere e proprie gang, i crimini non accennano a diminuire.
Il rapporto, redatto da Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’Osservatorio Zoomafia della Lav, è stato patrocinato dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e dalla Fondazione Antonino Caponnetto.
I reati contro gli animali, hanno visto coinvolte ben 115 Procure Ordinarie e 25 Procure presso i Tribunali per i Minorenni, che significano l’83% di tutte le Procure del Paese.
“Il primo dato che emerge dal nuovo Rapporto, ha affermato Troiano, è la conferma della capacità penetrante della criminalità organizzata in settori diversi ma accomunati dal coinvolgimento di animali. Interessi che si intrecciano con attività quali la corruzione, la connivenza con apparati pubblici infedeli, il perturbare degli appalti, il controllo delle attività illegali sul territorio”.
Dal traffico di cuccioli, alla gestione dei canili, al controllo dei pascoli, la criminalità cerca nuove fonti di guadagno.
Tra i reati più gravi denunciati, quelli legati ai combattimenti “sono un vero affare per la criminalità, con migliaia di animali”, sottolinea il Rapporto, “vittime ogni anno”.
Nella speciale, tragica classifica, stilata nel documento, la Procura di Brescia si conferma in testa, con riferimento al numero dei procedimenti per reati contro gli animali nel 2017: 527 con 387 indagati. Molti di questi, più della metà, per fatti criminosi legati alla caccia.
A seguire, Vicenza e Udine, Napoli e Roma, Milano e Torino e poi, Palermo.
Fanalini di coda, Crotone, con nessun procedimento nel 2017 e la Procura di Savona, che risulta quella con meno fascicoli, soltanto 3, peraltro a carico di ignoti
Discende, molto spesso, l’obbligo di denuncia e perseguimento dei reati, ravvisabili in caso di positivi riscontri dell’attività di indagine, e ciò nei confronti di qualunque soggetto ne sia autore, protagonista o, comunque coinvolto.