Generalmente le fake news sono gestite dai grandi media, ergo le televisioni e le più importanti testate giornalistiche. Nonostante ciò è indispensabile considerare l’evoluzione ed espansione dei social media, che ha contribuito all’aumento di diffusione delle suddette false notizie.
Nel libro "La guerra e le false notizie", di Marc Bloch, è spiegato che "Una falsa notizia è solo apparentemente fortuita, o meglio, tutto ciò che vi è di fortuito è l'incidente iniziale che fa scattare l'immaginazione; ma questo procedimento ha luogo solo perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento".
Al giorno d’oggi l’espressione "fake news” viene usata al fine di indicare fenomeni alquanto differenti tra loro.
Tra cui eventali errori di stampa, bufale, teorie complottiste, concetti satirici utilizzati impropriamente come fonti giornalistiche, la propaganda politica, la divulgazione di notizie infondate e trasmissione di informazioni false da parte di siti messi on-line esclusivamente per generare profitti da click-baiting.
Di recente è stato svolto un dibattito volto all’abolizione dell’uso di questo termine, soprattutto alla luce di dichiarazioni di importanti figure politiche che hanno impiegato il termine al fine di attaccare la stampa associata, giudicata come avversa e parziale nei confronti degli stessi.
Questo genere di notizie false viene anche scritto e pubblicato con lo scopo di catturare l'attenzione del lettore.
Si potrebbe intendere le fake news come un “virus” in grado di diffondersi tra tutti coloro che vengono sottoposti al contagio della disinformazione online e mediatica che, per converso, si riflette incondizionatamente e, spesso, inconsapevolmente, sull'opinione personle e pubblica.
Infatti, spesso le soluzioni a tale problematica sono simili ai programmi “antivirus”, creati con lo scopo di identificare la fonte primaria della fake news e riuscire bloccarla onde evitare di “infettare” ulteriori utenti.
Esistono sette diversi modi di generare disinformazione, individuati da Claire Wardle (Nel 2017 co-autrice del rapporto fondamentale, "Information Disorder": "Un quadro interdisciplinare per la ricerca e la politica" per il Consiglio d'Europa), nonchè di approccio, oseremmo dire "grammaticale", o "metodico" alla base della creazione di quasi tutte le fake news.
Tali metodologie potrebbe essere cosi riassunte:
- L'utilizzo di link di collegamento diretto o indiretto alle notizie, spesso, presumibilimente o certamente ingannevoli, quali, titoli, immagini, commenti o recensioni, che, quasi sempre, sono totalmente diverse dal contenuto pubblicato, sponsorizzato, etc.,
- La creazione di fonti artatamente e unicamente costruite per diffondere false infomazioni,
- Molto spesso il contenuto fake pubblicato risulta fasullo nella sua interezza, e quindi costruito unicamente per trarre in inganno il lettore, l'utente, etc.,
- Altrettanto spesso tali messaggi, contenuti o immagini, video, etc, "fake" provengono da stralci di fonti autorevoli e verificati, che, tuttavia, vengono manipolate e modificate appositamente per migliorarne l'effetto di un distroto e falso "convincimento", sulle basi di mendaci attribuibilità.,
- Esiste una manipolazione tesa a distorcere la satira, ovvero, di farne un'utilizzo finalizzato unicamente a trarre in inganno avvalendosi del sofisticato effetto psicologico da essa generato.
- Altresì i contenuti fake possono essere utilizzati attraverso l'ingannevole diffusione di infomazioni realmente esistenti, al fine di stravolgerne il contenuto, la comprensione, così da distorcerne od alterarne "il messaggio, la natura, l'essenza, etc., di problemi, tematiche, concetti, o peggio, l'immagine e la reputazione di una persona.
- Altro modalità di "avvicinamento" delle fake news è data dall'apporto di informazioni, commenti e contenuti, distorti, etc., interamente distrorti che vengono "connessi" o attribuiti a notizie o informazioni reali,
Al fine di spiegare perché vengono creati questi contenuti, la stessa Claire Wardle, è stata in grado di elaborare uno schema che incrocia i sette modi di fare disinformazione con otto possibili motivazioni, utili a spiegare perché tali contenuti vengono prodotti: propaganda, profitto, influenza politica e interesse particolare.
Oltre alle sopracitate motivazioni, la stessa Claire Wardle, ne ha successivamente identificate altre quattro, tra cui:
- faziosità, estremismo,
- mancata verifica delle fonti, diffusione di notizie distrorte, cattivo giornalismo,
- satira, parodia, diffamazione light, etc.
- scherno, provocazioni, etc.
Difatti esistono diversi fenomeni che permettono di favorire la diffusione, anche su larga scala, dei contenuti volta a volta appositamente distorti o falsi, tra cui, quattro canali principali:
- la condivisione volontaria o meno di contenuti evidentemente distorti da parte dell'universo degli utenti dei social network, che, senza lacun genere di preventiva verifica, pubblicano, postano, ritwittano, in breve, divulgano, fake news o notizie del tutto o, in parte, inattendibili.
- la sovrabbondante ed amplificata diffuisione di contenuti e di informazioni da parte dei diversi enti di stampa, editoria, mass media, etc., che, sempre più spesso, si occupano anche di divolgare in tempo reale le notizie proveninenti dal web dai social, senza accurati o, adeguati, strumenti di verifica.
- gruppi di influencer, organizzati o meno tra loro, piccoli editori, parti di collettivi privati, circoli, associazioni culturali, sportive, etc., impegnati nelle diverse cause pro bono o meno, che tentano di accrescere la loro presenza e di influenzare, o portare in evidenza pubblica le proprie opinioni,
- apposite campagne di sempre più sofisticata disinformazione organizzata, tra cui fake industies, utenti "macchina" gestiti da software (fabbriche di bot e troll, etc.), o società ad esso dedicate,
Ulteriori indicazioni volte a contrastare la diffusione di fake news, ci vengono forniti da Margareth Sullivan sul The Washington Post, le cui linee guida suggeriscono di:
- Consultare e confrontare la stessa notizia o contenuto, attraverso diverse fonti di infomazione, pubblica o privata,
- Di effettuare adeguante verifiche circa la provenienza e l'attendibilità delle fonti, prima condividere e diffondere contenuti, notizie e informazioni, sulle varie piattaforme digitali,
- Di attivarsi in tempestive correzioni a favore di eventuali notizie false o inattendibili, precedentemente ed erronemente proposte,
- L'assumere, sempre, un'atteggiamento adeguatamente diffidente, analitico, critico ed incuriosito nella ricerca di informazioni e notizie necessarie per l'apporto di costruttivi confronti, così da oggettivizzare centestuoli o futuri ragionamenti, pensieri e critiche.
Nella storia sono inoltre presenti svariati esempi di questo fenomeno.
Difatti già nel 1809, un autore di saggi e racconti filosofici di nome Heinrich von Kleist, scrisse "Lehrbuch der französischen Journalistik" (Manuale del giornalismo francese), null'altro che una satira in reazione della propaganda di guerra di Napoleone.
Lo scopo di questo lavoro fu quello di chiarificare il processo attraverso il quale le fake news vengono diffuse e prodotte dai media.
Un rinomato esempio di fake news è risalente al 1814, in pieno periodo napoleonico, quando un uomo vestito da ufficiale si presentò in una locanda a Dover e dichiarò la sconfitta e la conseguente morte del personaggio più importante di quegli anni. appunto, Napoleone.
La notizia arrivò velocemente a Londra, sebbene essa fosse priva di certezze.
All'apertura della Borsa molti azionisti si precipitarono a investire convinti del fatto che Napoleone fosse ormai defunto, lasciando così il trono ai Borbone.
Venne alla luce ben presto che era stato tutto frutto di una menzogna, elaborata, presumibilmente per ragioni politiche, da Charles Random de Berenger.
Nel frattempo, sei persone avevano già venduto i propri titoli governativi per più di un milione di sterline, e i ritenuti colpevoli furono condannati.
Nonostante sia una fonte storica, di un avvenimento di molti anni fa, ciò rende possibile capire in che modo, semplicemente una notizia falsa, abbia causato una confusione tale da mandare in arresto la borsa valori inglese più importante.
Altro esempio degno di essere citato in quanto a fake news, è il caso della trasmissione radiofonica La guerra dei mondi di Orson Welles del 1938.
La trasmissione, messa in onda dalla CBS all'interno del programma radiofonico Mercury Theatre on the Air dello stesso Welles, fu uno degli esempi ancora oggi usati per descrivere il fenomeno della psicologia del panico.
La trasmissione radiofonica, mandata in onda in modo da sembrare una serie di comunicati da parte di autorità statunitensi (tra i quali scienziati, professori, e ufficiali).
Tale trasmissione non era stata creata con la finalità di diffondere una falsa notizia bensì tutt'altro, difatti, sia all'inizio che alla fine della trasmissione, fu messo in chiaro che si trattasse di un adattamento del romanzo di fantascienza di H. G. Wells, La guerra dei mondi.
Nonostante la dichiarazione dello stesso Welles, molti ascoltatori, sintonizzati successivamente all’inizio del programma, credettero che si trattasse di una notizia vera.
È importante sottolineare però, che l’intento principale della trasmissione fu quello di intrattenere il pubblico la vigilia della notte di Halloween.
Il contenuto radiofonico fu successivamente inteso come una burla a causa dell’esagerazione fornita dai giornali.
Infatti, la stampa volle rendere pubblica l’irresponsabilità della radio, considerando quest’ultima priva di una guida.
A conferma di ciò, Lyman Bryson dichiarò che "la radio è uno dei più pericolosi elementi della cultura moderna".
La situazione creatasi, venne infatti usata al fine di illustrare le già presenti controversie tra la stampa e la radio.
Il caso della Guerra dei Mondi è utile per sottolineare la possibile strumentalizzazione dei mezzi di comunicazione per diffondere fake news.
Un'altro classico caso di falsa notizia in anni relativamente più recenti è considerato il discorso di Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, il 5 febbraio 2003.
L'allora Segretario di Stato del Presidente George W. Bush, mostrando alla platea una fiala di presunto antrace, rivelò di possedere informazioni riguardanti dei programmi di proliferazione chimica e batteriologica del regime iracheno.
Successivamente si scoprì che la fonte di Powell era un ingegnere chimico iracheno, il quale anni dopo ammise di essersi inventato tutto.
Le sue dichiarazioni furono ulteriormente smentite dalle ispezioni ONU successive al 2003.