Cenni storici, evoluzione e future prospettive:
L’investigazione privata nella sua forma più remota nasce in Francia nei primi dell’800, la Sueretè era difatti un particolare servizio di polizia che vantava nel suo organico solamente ex-detenuti, lo scopo era quello di infiltrarsi in un tessuto sociale altrimenti impermeabile.
Il referente della Sueretè, Eugene-Francois Vidocq, una volta dimessosi dalla propria carica costituì il “Bureau de renseignements puor le commerce”, che potremmo definire a tutti gli effetti essere la prima agenzia investigativa, poiché impegnata a reperire, analizzare e successivamente fornire dietro corrispettivo dei clienti, informazioni confidenziali di carattere prevalentemente commerciale.
Quasi in parallelo negli Stati Uniti, a Chicago, Allan Pinkerton fondava la sua agenzia Pinkerton National Detective Agency, dando quei connotati che tutt’oggi persistono: utilizzo di risorse confidenziali, forte legame con l’autorità pubblica, capacità di adattarsi alle mutevoli esigenze dei clienti, assoluta riservatezza.
Pinkerton divenne famoso per aver scoperto il complotto per omicidio del candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Abramo Lincoln, salvandogli la vita in un attentato a Baltimora che precedette quello fatale di Washington, che assunse gli agenti di Pinkerton come guardie del corpo durante la Guerra Civile. Allan Pinkerton assunse Kate Warne nel 1856 come detective privato, facendo di lei la prima investigatrice privata donna in America. Agenti Pinkerton sono stati assunti per monitorare fuorilegge occidentali come Jesse James, i fratelli Reno, e il “Wild Bunch”, tra cui Butch Cassidy e Sundance Kid.
L’agenzia Pinkerton applico operatività innovative, archiviando una quantità, per l’epoca, enorme di dati e documenti su sospetti criminali (pratica emulata dell’FBI dopo la costituzione nel 1908), e la classificazione di un embrionale schedario criminale fotografico. Non dimenticando le numerose ricerche, che si attribuiscono all’agenzia, svolte undercover (sotto copertura) o mediante sfibranti sorveglianze.
Negli Stati Uniti la figura del detective privato fu ampliamente riconosciuta, istituzioni bancarie e industriali oltre che cittadini privati, hanno da sempre considerato questa attività un elemento essenziale per arginare problemi o essere più competitive.
La cultura anglosassone recepì quindi molto rapidamente l’importanza di tali imprese, assegnando talvolta anche funzioni di polizia giudiziaria e di supporto per alcune indagini particolarmente complesse.
Nel vecchio continente, partitamente in Francia, Germania e Italia, gli investigatori privati e le investigazioni private ebbero una espansione più fiacca occupandosi prevalentemente di tematiche di sicurezza,
Le investigazioni private in Italia
Nell’Italia preunitaria non esistevano strutture organizzate di “Polizia Privata”, ad eccezione di isolate offerte di servizi per la tutela della proprietà privata, che, molto spesso costituivano vere e proprie milizie difficilmente controllabili dall’autorità centrale.
Le prime attenzioni del legislatore risalgono al 1914: il Ministero degli Interni emanò un provvedimento che disciplinava i requisiti richiesti alle “Guardie Private”. Obbligo della maggior età, aver assolto la leva, saper leggere e scrivere, nonché specialmente, non aver subito condanne penali ed essere “persone oneste e dabbene”. Caratteristiche che decalcano l’odierna dottrina.
Solo nel primo dopoguerra si emanò una regolamentazione maggiormente completa, il Testo Unico del novembre 1926. La direttiva si dimostrava un perfezionamento della precedente disciplina del 1914 ed un primo passo verso la trasformazione dell’investigatore privato come professione, fondamento e premessa fu l’introduzione del divieto di eseguire investigazioni e ricerche senza licenza del Prefetto.
Questo dato che ai contemporanei può sembrare una ovvietà, costituisce un enorme passo avanti, si sottraeva alla libera iniziativa un “mestiere” già allora considerato sensibile e si sottoponeva a un controllo chiunque avesse intrapreso questa attività.
Nonostante la normativa “ritagliata” appositamente per le agenzie di investigazione ed investigatori privati dal legislatore, tali istituti erano malvisti, infatti nel 1928, le prime normative furono rivolte al divieto di “dotare” di licenza qualsiasi organizzazione individuale o collettiva impegnata a favore di operazioni potenzialmente limitanti per la libertà individuale, quali pedinamenti e appostamenti. Caratteristica fondamentale nell’attività degli stessi professionisti.
Era previsto l’arresto fino a due anni e la circolare impartiva agli organi di polizia di eseguire frequentissimi controlli sulle agenzie investigative, al fine di revocare “l’abilitazione-licenza” a chiunque non rispettasse le disposizioni.
Fu introdotto nel 1929, l’obbligo (ex art. 275), ancora in vigore, di “comunicare al Prefetto gli elenchi del personale dipendente” oltre a “dare notizia, appena si verifichi, di ogni variazione intervenuta, restituendo i decreti di nomina delle guardie che avessero cessato il servizio”.
Il TULPS
Nel 1931 vennero definitivamente perfezionate e regolamentate le materie ed il funzionamento degli “Istituti di Investigazioni Private e di Informazioni Commerciali”, con l’introduzione del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), approvato con Regio Decreto il 18 giugno 1931: normativa rimasta quasi invariata fino al 2010.
Anche in questo decreto si rifletteva l’attenzione particolare riposta dal legislatore riguardo la “qualità” morale della persona.
Il decreto disciplinava un notevole elenco di professioni: agenzie di affari, pompe funebri, agenzie matrimoniali, etc. tra cui anche la professione svolta da investigatori privati ed agenzie.
Ormai la linea era tracciata, si dava un definitivo assetto alle norme sulla raccolta delle informazioni commerciali e sull’attività d’indagini private.
Chi scrive ci tiene a rimarcare come la genesi di questo mestiere non è da ricercare nell’infedeltà coniugale, bensì nella volontà di primeggiare nella pratica del commercio o garantirsi la sicurezza patrimoniale.
L’articolo di riferimento era, e resta il 134: “Senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati (…).
La licenza non può essere concessa alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana o siano incapaci di obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo (…).
La licenza non può essere concessa per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale (…)”.
Segue la disciplina dell’art. 135 che recita: “I direttori degli Istituti di Investigazioni devono inoltre tenere nei locali del loro ufficio permanentemente affissa in modo visibile la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi”.
Una pubblicità di questa specie, seppur con i dovuti aggiornamenti è ancora richiesta ai titolari di agenzia.
L’art 136 rinnova il pensiero: La licenza è ricusata a chi non dimostri di possedere la capacità tecnica ai servizi che intende esercitare. La revoca della licenza importa l’immediata cessazione delle funzioni delle guardie che dipendono dall’ufficio. L’autorizzazione può essere negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico”.
Inoltre, la licenza, poiché legata alle “qualità” specialmente morali, del singolo individuo, viene rilasciata senza a possibilità di essere ceduta a soggetti diversi della persona che l’ha ottenuta, sono quindi da escludersi possibilità di cessione, rivendita, subentro od eredità.
A rimarcare il legame con la pubblica autorità è l’articolo 139 del Tulps: Gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza e i loro agenti sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria”.
Le circostanze in cui si è concretizzata quest’evenienza sono rarissime, tuttavia il concretizzarsi di illeciti penali e amministrativi da parte degli operatori. nello svolgimento dell’attività professionale. è stato piuttosto frequente.
Gli anni dopoguerra e del boom economico
Solo nell’Italia del dopoguerra cresce l’esigenza da parte di tutti gli operatori economici di reperire informazioni commerciali, connesse principalmente alla solvibilità ed alla reputazione creditizia di soggetti in genere, privati ed aziende.
Tale circostanza si rivelò favorevole al “catalogo” dei servizi offerti dalle agenzie investigative che ne giovarono dal punto di vista organizzativo e tecnico nonché economico evolvendo i propri assets in una politica di radicamento territoriale.
Altra questione riguardava l’articolo 559 del codice penale, si puniva l’adulterio con la reclusione, tale previsione oltre a essere palesemente incostituzionale, veniva anche applicata con amplissima discrezionalità, con il risultato che solo la moglie era punibile ai termini di legge, il marito veniva tacitamente autorizzato ad avere relazione extra-coniugali, purché non mantenesse pubblicamente una concubina, si può dire che questa norma diede non poco slancio alle agenzie investigative, la Corte Costituzionale non tardo molto a eliminare nel 1969 questa disciplina.
La depenalizzazione del “reato” stravolse la percezione sociale in tematiche di infedeltà coniugale ed una conseguente riduzione degli incarichi investigativi richiesti dalla clientela alle agenzie di investigazione.
Lo statuto dei lavoratori e lo scandalo delle intercettazioni
La sintesi fra stagioni politiche e tensioni sociali portò alla legge 300/1970, meglio nota come “statuto dei lavoratori”.
Il cardine della riforma stava nell’assoluto divieto per il personale di vigilanza e per le agenzie investigative, di esercitare una qualsiasi forma di controllo sui lavoratori. L’ambito di intervento quindi poteva riguardare solo ed esclusivamente il patrimonio aziendale.
Il testo disciplinava anche i controlli audio-visivi, facendone espresso divieto per utilizzi diversi dal mero controllo delle strutture.
L’art. 8 introdusse l’espresso divieto di indagare sulle opinioni politiche, religiose e sindacali, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.
Un chiaro monito per qualunque datore di lavoro che avesse voluto intraprendere azioni intimidatorie sui lavoratori avvalendosi di investigatori privati.
Nel 1973 la magistratura portò alla luce un sistema di intercettazioni a danno di imprenditori, personaggi mediatici e personaggi politici: 12 centri occulti investivano ingenti risorse per trascrivere e catalogare conversazioni di carattere privato e confidenziali.
In questa rete erano convolti, a vario titolo, esponenti deviati dei servizi segreti nazionali e investigatori privati.
Questo fece sì che nel 1974, fu approvata la legge sulla tutela della riservatezza, delle libertà e segretezza delle comunicazioni, che sanzionò pesantemente gli illeciti, soprattutto se compiuti da privati o da cariche dele diverse istituzioni statali.
Nei primi anni ’90 in Italia, con il primo timido avvento della digitalizzazione delle imprese, le agenzie investigative collaudano un settore prima sconosciuto, direttamente connesso all’odierno problema della sovra-produzione di dati.