FAQ. Investigazioni aziendali

Cosa prevedono la quantificazione ed il risarcimento del danno?

Il risarcimento del danno a seguito di un fatto illecito è previsto nell'ordinamento giuridico italiano dall'articolo 2043 del codice civile, secondo cui:
"Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno".

Cosa prevedono la quantificazione ed il risarcimento del danno?


Un danno pertanto è la conseguenza di un'azione o di un evento che causa la riduzione quantitativa o funzionale di un bene, un attrezzo, una macchina, un immobile o qualsiasi altra cosa abbia un valore economico, affettivo, morale.

La valutazione preventiva dei possibili danni sta quindi alla base di quella che viene definita gestione del rischio, principio secondo cui occorre definire quali e quanti possano essere i rischi intrinsechi delle normali attività umane, aziendali, familiari.

La prima attività da sviluppare, pertanto, è come prevenire e ridurre i rischi di danni, per poi, successivamente, quantificare l'entità dei danni possibili ed il valore dei beni soggetti a rischio.


Il danno può riguardare beni materiali e fisici (immobili, macchinari, materie prime, aree geografiche) oppure danni immateriali (monetari/finanziari, all'immagine o reputazione di un'impresa/società/persona, alle prospettive future aziendali, commerciali, di profittabilità).


Il danno contrattuale

Il danno contrattuale racchiude, in realtà, molte ipotesi differenti tra loro, anche se riguardano essenzialmente sempre un inadempimento.

- Danno da aspettativa non realizzata: viene risarcito al contraente l'esatto corrispettivo di quanto si sarebbe aspettato dall'esecuzione del contratto.

Va precisato che l'aspettativa non riguarda soltanto il ricevere un bene o un'utilità (danno emergente) ma anche di poterne fare uso in seguito (lucro cessante). Questa distinzione è importante, perché prefigura un risarcimento anche se l'altra parte non ha ancora adempiuto al corrispettivo monetario (teoria della differenza).

- Danno da affidamento: impostazione completamente opposta alla prima, riguarda la condizione del contraente qualora non avesse stipulato il contratto e qualora quest'ultimo si sia rivelato inadempiuto, sia per volontario inadempimento dell'altra parte sia per invalidità o inefficacia successiva.

Si parla in questo caso di interesse contrattuale negativo. Si tutela l'affidamento riposto dal contraente nella buona esecuzione e validità del contratto, e non della corretta esecuzione dello stesso come nell'ipotesi di danno precedente, la quale ha un carattere dinamico mentre in questo caso si considera l'aspetto statico di un fatto storico che ha causato danno.

- Danno da risoluzione del contratto: la risoluzione di un contratto non pregiudica il successivo risarcimento, come sancito dall'art.1458, ma esonera soltanto l'altra parte alla prestazione obbligatoria.

per alcuni è un'ipotesi particolare di "danno da affidamento", cui sopra, per il fatto che un contratto risolto è come se non fosse mai stato efficace, altra dottrina e prevalente giurisprudenza nega questa impostazione ritenendo meritevole anche l'interesse positivo del contraente che ha risolto il contratto.

Non è però assimilabile al primo tipo di danno, in quanto è lo stesso risolutore a rinunciare a tale prestazione, pertanto l'unico danno risarcibile è quello relativo al lucro cessante

- Danno da carente protezione: i relativi rimanenti danni capiti occasionalmente durante l'esecuzione del contratto, in principio non ritenuti tutelabili ma successivamente ritenuti parte dell'adempimento.


Il danno subito 

Ovvero Il danno o la perdita che il soggetto subisce per causa di terze parti e che può suddivedersi in:

Danno patrimoniale e/o aanno emergente: cioè l'effettiva diminuzione di patrimonio del danneggiato

Lucro cessante: consiste nel mancato guadagno del "bene" danneggiato

Danno non patrimoniale: ovvero che il soggetto patisce a seguito della violazione di un valore della personalità umana Non suscettibile di diretta valutazione economica, ma di valutazione equativa.

Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge (art. 2059 c.c.). il danno non patrimoniale si somma al danno patrimoniale (es. professionista dileggiato).

Il danno extracontrattuale: non rientrante nelle ipotesi precedenti, è basato sulla consolidata regola che guarda all'ingiustizia del danno e alla condizione soggettiva di chi lo ha cagionato.

Prerogativa essenziale è il carattere, almeno tendenzialmente, patrimoniale del danno da risarcire. Pur condividendone aspetti con il danno contrattuale, come il principio della casualità giuridica, se ne discosta perché non ci si attende un corrispettivo per l'aspettativa non realizzata, bensì per quella di non subire danni da terzi.


Danni non patrimoniali

Il risarcimento per danno non patrimoniale ha natura bipolare, avendo funzione sanzionatoria-satisfattiva, in quanto oggetto del danno non è l'esatta compensazione di un valore monetario relativo ad una perdita economica subita da un soggetto, ma una sorta di riparazione che soddisfi una perdita valutabile economicamente soltanto per via equitativa da parte del giudice.

Molto si discute in dottrina sui criteri da adottare per capire quali circostanze siano da giudicare risarcibili e con quali metodi stabilire l'entità economica delle singole fattispecie, anche per la restrittiva disposizione dell'art 59 c.c..

Si riteneva un tempo risarcibile infatti soltanto il danno morale soggettivo, perché così previsto dalle disposizioni del codice: in realtà, con l'introduzione di altre figure come il danno esistenziale o quello biologico, si cerca oggi di relazionare queste nuove fattispecie, non inquadrabili nel danno morale, troppo specifico e di applicazione ristretta (senza contare che deriva solo da fattispecie penali), agli articoli della Costituzione riferibili ai diritti inviolabili della persona, soprattutto l'art.2.

Si può affermare, anche per le perplessità sorte in dottrina, che il riferimento alle disposizioni costituzionali riguarda soltanto l'identificazione delle fattispecie da tutelare in via interpretativa, mitigando poi la decisione sul quantum grazie ad indici di valorizzazione (come la gravità dell'offesa, la consistenza dell'offesa ecc.).


Danno morale

La liquidazione del danno morale per la morte di un congiunto non può che avvenire in base all'apprezzamento discrezionale del Giudice di merito, improntato a criteri equitativi.

Nel motivare la liquidazione, è sufficiente che il Giudice dimostri di avere tenuto presenti la gravità dei fatti, l'intensità del dolore patito a causa dell'evento luttuoso ed ogni altro elemento della fattispecie concreta.

Costituisce motivazione adeguata, in proposito, il rilievo che la morte del congiunto abbia costituito una vera tragedia per i suoi familiari 


Il risarcimento dei danni non patrimoniali è previsto all'art. 2059 del codice civile. La Corte Costituzionale italiana ha stabilito che il risarcimento dei danni non patrimoniali non è subordinato ad una sentenza che accerti la commissione di un reato, come previsto dalla stessa legge.

Nell'ambito dei rapporti di lavoro, il danno esistenziale viene a specificarsi in quei danni alla personalità ricollegabili a lesioni dei diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti che, nel campo del diritto del lavoro, sono:

- il danno professionale;
- il danno psicologico transeunte;
- il danno alla serenità della vita familiare;
- il danno alla serenità della comunità lavorativa;
- il danno alla salutare fruizione dei piaceri e delle gratificazioni della vita di relazione e dei rapporti sociali


Il danno ingiusto

È contrario al diritto e quindi atipico:

- Danno che viola una regola giuridica (es. lesioni personali, diffamazione)
- Danno che lede un interesse protetto dal diritto (diritto soggettivo).

Se esistono interessi protetti contrapposti (es. diritto all’informazione e diritto alla riservatezza) c'è una valutazione comparativa dei due interessi contrapposti in base al criterio di pubblica utilità.

C'è stato un intervento del legislatore con il Codice in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs. n. 196/2003) che obbliga chi utilizza dati personali a informare l'interessato e ad avere il suo consenso. È previsto un regime speciale per l'attività giornalistica.

Se si presenta un danno lesivo della riservatezza da parte di banche dati, il cui esercizio di attività è considerato pericoloso, esse rispondono anche senza colpa per il solo rischio d'impresa.


Nesso di causalità tra fatto e danno

Il danno è risarcibile solo se è conseguenza del fatto dannoso. Criteri sono:

- Causalità materiale: il fatto come condizione necessaria del danno
- Causalità giuridica: ragionevole probabilità, secondo criteri di regolarità statistica, che quel fatto produca quel danno.
- Causalità diretta e immediata.

Ci può essere un concorso di più criteri di imputazione e quindi se più soggetti, rispondono solidalmente delle conseguenze di un fatto illecito, si applicano a ciascuno i diversi criteri di imputazione:

Concorso del danneggiato al verificarsi dell'evento (art. 1227 c.c.): se c'è mancanza di diligenza e questa provoca o aggrava il danno si ha una riduzione proporzionale della responsabilità.
Il concorso fortuito di situazione occasionale esclude il nesso di causalità solo in casi eccezionali (giurisprudenza rigorosa).

Il danno non obbliga al risarcimento se il soggetto era privo della capacità di intendere e di volere (capacità naturale) nel momento in cui ha compiuto il fatto. L'incapace risponde però se lo stato di incapacità dipende da sua colpa (art. 2046 c.c.). Risponde in sua vece chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace (art. 2047 c.c.).


Fatto compiuto senza una causa di giustificazione

Il danno non deve essere risarcito se il fatto è stato compiuto in circostanze idonee a giustificarlo:

- Esercizio del diritto: clausola generale dove chi esercita un proprio diritto non commette un comportamento antigiuridico (es. informazione bancaria sulla correttezza di un imprenditore)

- Consenso dell'avente diritto: non è responsabile chi lede un diritto altrui se è stato autorizzato dallo stesso danneggiato. I diritti personali alla vita, alla salute, alla integrità fisica, all'onore, alla libertà non sono disponibili

- Legittima difesa: non è responsabile chi causa il danno per difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata alla offesa (art. 2044 c.c.). - L'eccesso di legittima difesa è il comportamento non proporzionato all'offesa

- Stato di necessità: non è responsabile chi causa un danno per la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alle persone se il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né altrimenti evitabile (art. 2045 c.c.). Il giudice può distribuire il danno.


Dolo e colpa

Il dolo è la coscienza o volontà di cagionare il danno e si divide in:

- Dolo commissivo (dolo attivo)
- Dolo omissivo (dolo passivo); es.: passante che non interviene.

La colpa è il mancato impegno della diligenza richiesta per un certo tipo di attività: negligenza, imprudenza o imperizia, quindi inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.


I gradi della colpa sono:

- Colpa grave: mancanza di diligenza minima (es. danno causato dal giudice)
- Colpa lieve: mancanza di diligenza media (responsabilità contrattuale)
- Colpa lievissima: mancanza di diligenza massima (colpa richiesta nella RC).

La colpa deve essere provata dal danneggiato. È stata inserita la colpa presunta. Ci può quindi essere responsabilità senza colpa (oggettiva).

Nella responsabilità per colpa presunta l'autore del fatto ha l'onere della prova liberatoria (es. responsabilità dei sorveglianti degli incapaci art. 2047 c.c.); tramite la prova liberatoria deve dimostrare di non aver potuto impedire il fatto.


Responsabilità oggettiva

Vi sono dei casi in cui un soggetto potrebbe esser ritenuto responsabile a prescindere da colpa o dolo:

- Responsabilità dei genitori: i genitori rispondono del fatto illecito del loro figlio minorenne se non emancipato se abita con loro (art. 2048 c.c.). Sono responsabili in solido con il figlio minore. Prova liberatoria è di non aver potuto impedire il fatto. Necessaria la prova di un'adeguata educazione e vigilanza.

- Responsabilità degli insegnanti: gli insegnanti rispondono dei fatti illeciti compiuti dagli alunni e apprendisti se compiuti sotto la loro vigilanza. Prova liberatoria come le altre responsabilità.

- Responsabilità per circolazione di autoveicoli: il conducente è responsabile dei danni. Prova liberatoria è l'aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. A essa si aggiunge la responsabilità solidale del proprietario. Prova liberatoria è che l'autoveicolo circolava contro la sua volontà.

- Responsabilità per malfunzioni di edificio: il proprietario è responsabile dei danni cagionati dalla rovina del proprio edificio. Prova liberatoria è che deve provare che la rovina non dipende né da una mancata manutenzione né da vizi di costruzione.


Stima del danno

La stima dei danni è la valutazione dei danni a cose materiali, la trattazione dei danni a beni immateriali troverà argomentazioni in un aricolo separato 

In Italia il danno rappresenta un pregiudizio economico che si risolve con una diminuzione di patrimonio e/o di produttività, causato da un fatto illecito, colposo o doloso, oppure da un sinistro.

Nel primo caso la legge stabilisce che il responsabile del danno debba risarcire il danneggiato, essendo il suo comportamento contra jus e non iure, in assenza di una causa giustificativa. Nel caso di sinistro invece, il

proprietario può essere indennizzato solo se ha stipulato un contratto con una compagnia di assicurazione.

In entrambe le situazioni il danno si traduce, in termini economici, nella diminuzione del patrimonio del danneggiato, a cui si collega il relativo risarcimento dovuto dal responsabile o l’indennizzo, se assicurato, dovuto da una compagnia assicurativa.


Criteri di stima

Il criterio largamente adottato è quello basato sulla c.d. differenziazione, la quale postula che il danno sia calcolato sulla scorta della differenza nel patrimonio del soggetto danneggiato, prima e dopo l’evento che ha causato l’effetto; definendo quindi il patrimonio non solo nella sua fisicità ma anche nella sua utilità e capacità di reddito economicamente determinabile.

Così si è espressa la Cassazione, per la quale il danno è il «pregiudizio economico che si riflette in un’effettiva diminuzione del patrimonio, diminuzione data dalla differenza tra il valore attuale del patrimonio del creditore-danneggiato ed il valore che presenterebbe, se l’obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o il fatto dannoso non si fosse verificato» chiarendo inoltre che si debba procedere alla valutazione «non dal punto di vista giuridico, come complesso di diritti valutabili in danaro spettanti ad un soggetto, ma dal punto di vita economico, come complesso di beni o di utilità, costituendo in definitiva il danno un detrimento economico».

Il danno risarcibile viene quindi ad essere identificato con la perdita economicamente valutabile subita dai valori patrimoniali, avuto riguardo della situazione ex ante ed ex post del patrimonio.


A seguito di questo orientamento il perito nella stima deve:

- Garantire che sia rispettato il principio di integrale riparazione sia del danno emergente che del lucro cessante, avendo riguardo di valutare la presenza della compensatio lucri cum damno ossia della individuazione di eventuali aspetti economicamente positivi che siano conseguenza dell’evento dannoso

- Assicurare il rispetto della preesistenza; il danno, cioè, deve essere valutato avuto riguardo alle reali condizione del bene al momento dell’evento che lo ha causato

I criteri di stima sono le regole fondamentali da utilizzare nella valutazione economica del danno, in considerazione della tipologia di bene oggetto di analisi.

Essi sono da considerare in stretta correlazione con il mercato che può essere definito come un luogo ideale in cui i prezzi di beni e servizi sono raggiunti esclusivamente dalla mutua interazione di venditori e acquirenti.


I criteri sono riconducibili a:

- valore di mercato
- valore di costo
- valore di surrogazione
- valore di trasformazione
- valore complementare
- valore di capitalizzazione.

Esistono poi altri criteri, codificati dai vari standard, che, però, non sono rilevanti ai fini della stima del danno patrimoniale.

La scelta del criterio di stima dipende dalla tipologia di danno analizzata e in funzione della quale il perito effettuerà la sua scelta.

Il codice civile all’art. 1223 esclude di fatto il principio dell’ordinarietà allorché stabilisce che il danneggiato debba essere risarcito della perdita subita; il danno è quindi funzione dell’interesse del danneggiato.

Da tutto questo nasce sempre più spesso l'esigenza, da parte di privati o aziende, di potersi avvalere dei servizi offerti da agenzie di investigazioni, investigatori privati, o di esperti nelle varie discipline della sicurezza, al fine di:

- predisporre, dal punto di vista della prevenzione, l'installazione o l'aggiornamento di eventuali sistemi di sicurezza attiva e passiva;
- contrastare o, nel senso ampio del termine "investigare", la natura delle cause o le motivazioni che hanno indotto o facilitato il presentarsi di tali fattispecie illecite, 

Nonchè, attuale le opportune indagini "latu sensu" probatorie, e necessarie per l'individuazione di eventuali artefici o responsabili. 

Tali indagini difatti hanno il preciso scopo di ricostruire le dinamiche alla base dell'avvenimento rilevato, con il preciso scopo di identificare i profili convolti, ai fini di una corretta applicazione di future iniziative di richiesta di risarcimento del denno derivato.

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