Vengono definiti ammanchi di invetario le differenze fra i valori contabili / finanziari di una merce e quelli relativi al conteggio fisico.
Normalmente vengono calcolati al prezzo di vendita al cliente, senza tener conto dei rimborsi assicurativi.
Una delle principali cause dell'insorgenza di eventuali ammanchi contabili è sicuramente data del fenomeno del taccheggio, che consiste nel furto di merce che si trova esposta in vendita all'interno di esercizi commerciali.
Altra componente fondamentale è sicuramente data da tutte le fattispecie sottrattive in genere, quali ad esempio furti interni da parte di dipendenti, collaboratori, fornitori, etc., riscontrabili in tutti i luoghi di giacenza od esposizione dei beni di proprietà aziendale che concorrono con la formazione dell'asset societario nella sua interezza.
In tempi recenti il taccheggio viene sempre più spesso definito con la locuzione eufemistica di "differenza inventariale", sottintendendo che l'esercizio vittima di questa pratica debba registrare, al controllo dell'inventario, una differenza non altrimenti spiegabile fra le merci esposte e quelle risultate vendute.
In termini di furto, la condotta del taccheggiatore è oggetto di molti ordinamenti, in quello italiano, disciplina il furto semplice con l'applicazione dell'aggravante dell'esposizione del bene alla pubblica fede.
Le attività poste a presidio di questo fenomeno si fondano operativamente sull'allestimento degli accorgimenti e degli strumenti di controllo di vario genere, ivi compresa l'attività di vigilanza umana, predisposta per mezzo di operatori impiegati sul singolo punto vendita o luogo di interessamento di furti o fattispecie illecite in genere.
Sotto quest'ultimo aspetto, in Italia la materia è regolata dall'art. 134 del TULPS e più in particolare dal decreto ministeriale n. 269 del 1º dicembre 2010.
Le disposizioni del TULPS individuano gli istituti di vigilanza e di investigazioni private, mentre con il decreto 269/2010, entrato in vigore il 16 marzo 2011, sono stati disciplinati i requisiti per l'ottenimento delle licenze necessarie a poter gestire un'istituto di vigilanza, od un agenzia di investigazioni, nonchè per esercitare la professione di investigatore privato, che include appunto, tra le attività esercitabili, l'attività di l'antitaccheggio.
L'antitaccheggio, quindi, può essere svolto, in via esclusiva, da soggetti alle dipendenze di un istituto di vigilanza o di investigazioni private, peraltro, per questi ultimi, dotati di specifica licenza.
La nuova normativa definisce in maniera esaustiva l'attività di antitaccheggio.
Per gli istituti di vigilanza si parla di "vigilanza antitaccheggio" (art. 3, comma 2, punto d), indicando il servizio svolto presso negozi, supermercati, ipermercati, grandi magazzini e simili, finalizzato alla prevenzione del reato di danneggiamento, furto, sottrazione ovvero di appropriazione indebita dei beni esposti alla pubblica fede.
Per gli istituti di investigazioni private, si tratta invece di una licenza specifica, che consente l'espletamento del cosiddetto "antitaccheggio investigativo", definito, più tecnicamente (art. 5, comma 1, punto aIII) come "attività di indagine in ambito commerciale".
Si tratta, in particolare, dell'ipotesi di richiesta dal titolare dell'esercizio commerciale volta all'individuazione ed all'accertamento delle cause che determinano, anche a livello contabile, gli ammanchi e le differenze inventariali nel settore commerciale, anche mediante la raccolta di informazioni reperite direttamente presso i locali del committente.
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