L’avvento di una serie di facilitazioni informatiche e di indagine investigativa che rendono possibile alla famiglia il controllo a distanza, attraverso la consultazione delle applicazioni che, nel frattempo, sono proliferate (diario di classe, rilevazione delle assenze, comunicazione più fruibile ed immediata fra docenti e ambiti familiari di provenienza).
Da una parte hanno reso più agevole il controllo parentale ma, dall’altra, ha fatto emergere l’esigenza investigativa del fenomeno.
Specialmente ove ne risulti una sua reiterazione, così da per individuarne le cause che potrebbero essere dipendenti o da fenomeni endoscolastici (casi di bullismo, di prevaricazione, costrizione o coercizione esercitate da compagni di classe o da soggetti comunque interni alla scuola) alla verifica della natura delle frequentazioni extrascolastiche.
La dispersione scolastica o "evasione scolastica" si riferisce all'insieme di comportamenti derivanti dall'ingiustificata e non autorizzata assenza di minorenni della scuola dell'obbligo.
In particolare la dispersione si riferisce al fenomeno nel suo insieme, mentre l'evasione si riferisce all'attività posta in essere, individualmente, dal minore. Il termine descrive la frequente assenza degli studenti di propria volontà e non è da confondersi con le assenze per motivi di salute né con il doposcuola.
Se si collegano tali dati, emerge che la dispersione scolastica raggiunge percentuali in Italia con picchi superiori al 20% nel meridione.
Nel 2014 la quantificazione ufficiale offerta da Eurostat, secondo la quale il tasso di abbandono scolastico in Italia si attesterebbe attualmente al 17% con un trend decisamente positivo di miglioramento (6 punti percentuali di riduzione in 10 anni, lascerebbe presagire il certo raggiungimento dell'obiettivo italiano, deciso dal Governo italiano nel 2011, del 15-16%; l'obiettivo europeo per il 2020 è tuttavia del 10%).
La disaggregazione del dato per genere segnala come il problema riguardi quasi esclusivamente la componente maschile della popolazione, avendo quella femminile già raggiunto l'obiettivo da cinque anni.
La disaggregazione territoriale mostra invece come il fenomeno continui a interessare in misura più sostenuta il Mezzogiorno, con punte del 25,8% in Sardegna, del 25% in Sicilia e del 21,8% in Campania(dati riferiti al 2012 – MIUR 2013).
L'indagine "LOST. Dispersione scolastica, il costo per la collettività e il ruolo di scuole e terzo settore", promossa dall'ong WeWorld insieme alla Fondazione Giovanni Agnelli e all'Associazione Bruno Trentin, ha voluto esplicitare una lettura del fenomeno anche dal punto vista economico, attraverso l'analisi dei dati sulle frequenze scolastiche forniti da Istat, incrociando dati anagrafici (popolazione residente) e dati amministrativi (iscritti e diplomati) provenienti dalle scuole.
Il rapporto tra diplomati e popolazione nella fascia d'età rilevante (convenzionalmente presa a 19 anni, ma i risultati non cambierebbero se si prendesse una media su un intervallo più ampio tipo 18-20 anni) evidenzia che ogni anno il 23,8% della popolazione non raggiunge un titolo di scuola secondaria che dia accesso all'università.
Il fenomeno può apparire ancora più grave se invece si ritiene di poter desumere una stima dei tassi di abbandono a partire dai dati sulle mancate reiscrizioni dichiarate dalle scuole e raccolti dal MIUR.
In Italia, nel 2018 si sono verificati alti tassi di dispersione scolastica, variabili tra il 18 e il 26%. Dati preoccupanti per l'istituzione scolastica che, costantemente, cerca di attuare misure di "prevenzione giovanile", in special modo sulla didattica.